La trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori domestici, scaduto da oltre due anni, è arenata su retribuzioni e tutela della maternità. I sindacati vogliono alzare i minimi e dare a colf, badanti e babysitter diritti uguali a quelli delle altre mamme lavoratrici, ma i rappresentanti dei datori di lavoro chiudono a misure che impoverirebbero ulteriormente i bilanci delle famiglie italiane.
Il ritocco annuale delle retribuzioni sulla base degli indici dell’Istat,segnalano i sindacati, non è più sufficiente. Quanto alla tutela della maternità, c’è da sanare una discriminazione. Le lavoratrici domestiche sono le uniche alle quali non si applica il divieto di licenziamento entro il primo anno di vita del loro bambino. Sono tutelate solo durante il periodo di astensione obbligatoria, quindi per i due mesi precedenti e per i tre mesi successivi al parto. Quindi a tre mesi e un giorno (quando le famiglie hanno già trovato delle sostitute) fioccano i licenziamenti.