IL PROGETTO
Il progetto Insieme nella Cura è stato coordinato dalla Provincia di Reggio Emilia e finanziato dal Ministero dell’Interno nell’ambito dell’Azione 7 del Programma FEI—Fondo Europeo per l’Immigrazione. Insieme alla Provincia e alla Cooperativa Anziani e non solo in qualità di progettista e coordinatore tecnico, sono stati partner di “Insieme nella cura” l’ AUSL di Reggio E. e l’Ass.ne Nondasola.
Il progetto è stato sostenuto da una molteplicità di soggetti tra i quali, in particolare , le Unioni dei Comuni ed i Distretti sociosanitari della Provincia di Reggio Emilia, le Organizzazioni Sindacali CGIL e CISL.
Insieme nella Cura ha avuto come obiettivo il miglioramento dei livelli di gestione ed erogazione dei servizi pubblici ed amministrativi rivolti a donne migranti che svolgono lavoro di cura. Ciò attraverso interviste , una ricerca delle buone pratiche distrettuali, la formazione degli operatori dei servizi pubblici del territorio provinciale, focus group interprofessionali finalizzati alla elaborazione di azioni di miglioramento nell’ambito della programmazione e della gestione operativa dei servizi, oltre che di potenziamento di reti territoriali di supporto all’inclusione e di tutela.

IL CONTESTO TERRITORIALE
La Provincia di Reggio Emilia è un territorio in cui il fenomeno dell’immigrazione è particolarmente significativo, sia in termini quantitativi che per le specifiche caratteristiche qualitative.
In Provincia di Reggio Emilia le “badanti” sono stimate pari a circa 12.000 (5.680 regolarmente assunte -dato al 31.10.2009-) ed assistono, nel solo Comune di Reggio Emilia, oltre 3.500 anziani. Alle badanti si sommano 3.331 lavoratrici e lavoratori immigrati, avviati al lavoro nell’area socio-sanitaria nel periodo 2005-2009. Il lavoro assistenziale e di cura è un’attività ad alta valenza strategica, che il territorio intende valorizzare. Ciò sia per l’elevato assorbimento di lavoro femminile immigrato, sia per il rilievo nella costruzione di coesione sociale e di politiche di conciliazione.
Rispetto al quadro sopra delineato, il settore presenta però anche criticità che necessitano di essere affrontate con un ruolo di forte governance istituzionale.

LE ATTIVITA’ DEL PROGETTO
Il progetto ha realizzato una serie di azioni mirate a rafforzare le conoscenze e le competenze degli operatori del territorio Provinciale al fine di affrontare più efficacemente la complessa problematica dei servizi a sostegno delle lavoratrici di cura immigrate.
In primo luogo ha effettuato un’azione di comunicazione rispetto ad obiettivi e attivitàdel progetto.
Si è poi proceduto ad effettuare interviste in profondità a Direttori dei distretti sanitari, Responsabili Uffici di Piano, Presidenti Unioni dei Comuni della Provincia di Reggio Emilia, Ufficio di Presidenza della CTSS, rappresentanti di CGIL e CISL, dirigenti dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria Nuova e di Rete .Le interviste sono state tese, su format comuni, a far emergere: il livello di conoscenza rispetto alle tematiche progettuali, gli interventi posti in essere, le esigenze rispetto ad una più efficace azione dei servizi e di governance locale. Gli elementi emersi dalle interviste sono poi stati analizzati nell’ambito del gruppo di lavoro progettuale, al fine di identificare le criticità su cui agire, in termini formativi, verso gli operatori dei servizi. Il piano formativo si è articolato su 5 incontri—per un totale di 30 ore di formazione. I temi affrontati sono stati: lavoro di cura e donne migranti; peculiarità del lavoro e della relazione di cura; servizi in essere sul territorio per donne migranti e per badanti; condizione lavorativa dell’assistente familiare; relazioni tra assistente familiare e operatori professionali del sociale e del sanitario per una nuova domiciliarità.
Sono quindi stati effettuati lavori di gruppo interprofessionali finalizzati a identificare: (1) elementi guida per definire interventi, nei distretti della Provincia, a sostegno dell’inclusione e qualificazione del lavoro di cura; (2) azioni da attuare per rendere i servizi esistenti più accoglienti e mirati rispetto agli obiettivi progettuali;
(3) percorsi per l’attivazione di un’azione in rete tra soggetti pubblici e del terzo settore;
(4) definizione di una carta etica per il rispetto delle diversità e dei diritti della persona assistente ed assistita nella relazione di cura.

Il primo gruppo si è focalizzato sulle attività e sulle caratteristiche di uno “Sportello per l’Assistenza Familiare”. In particolare si è cercato di chiarire a quali bisogni risponde prioritariamente questo tipo di servizio, quali azioni dovrebbe attuare per soddisfarli e di quali strumenti di supporto potrebbe necessitare. Il gruppo ha ritenuto che uno sportello per l’incontro domanda/offerta di assistenza familiare, operante nella sfera controllata dal pubblico, debba in primo luogo fare fronte ad una domanda di supporto ad un insieme di fragilità e pressioni emotive (lavoratore, famiglia, anziano). Le situazioni che il servizio si trova ad affrontare sono spesso caratterizzate da una insufficiente consapevolezza della propria situazione da parte delle famiglie e da una difficoltà a rappresentare le proprie competenze da parte delle assistenti familiari. Le funzioni dell’incontro devono essere caratterizzate da tempestività e flessibilità e devono essere affiancate da accompagnamento, monitoraggio, tutoring…Tutto ciò strettamente correlato alla esigenza di una “governance pubblica” motivata dalla rilevanza quanti/qualitativa dell’assistenza familiare da raccordare alla rete dei servizi.

Le attività che, secondo il gruppo, deve svolgere lo sportello sono: funzioni di front office (ascolto e accoglienza, analisi dei bisogni, incontro incrocio, monitoraggio) e back office (supportati da sistemi informativi, offerta di competenze formate e/o validate), tutoring, accompagnamento “post” inserimento lavorativo, sostegno all’inclusione delle Assistenti Familiari migranti. Le risorse per affrontare le funzioni di sportello richiedono competenze qualificate e diversificate da parte degli operatori (sociali, di mediazione, lavoristiche, orientative e gestionali) in un contesto logisticamente accogliente, con il supporto di standard operativi, di applicativi e banche dati condivise per assicurare efficacia e omogeneità qualitative, in un quadro di regolarità assicurato da un rapporto di partenariato con il CPI o con una Agenzia per il lavoro autorizzata .
Il secondo gruppo ha trattato il tema della formazione delle assistenti familiari, cercando in particolare: di distinguere le competenze necessarie per assistere persone sostanzialmente autosufficienti rispetto a persone non autosufficienti; di identificare le competenze comportamentali necessarie allo svolgimento del ruolo e agli strumenti necessari per conseguire tali capacità. Il gruppo ha ritenuto che per la cura di anziani autosufficienti possa essere sufficiente l’expertise “femminile” di cura mentre sono state considerate necessarie competenze specifiche per assistere persone dipendenti:
1) conoscenze (sapere) da acquisire con la formazione, in primis igiene personale, igiene domestica, alimentazione, diritti e doveri, mobilizzazione, contesto sociale territoriale e dei servizi ;
2) abilità (saper fare): saper mobilizzare, relazionarsi e comunicare, gestire le emergenze, cucinare, accompagnare nella vita quotidiana;
3) comportamento relazionale (saper essere): caratterizzato da saper ascoltare, saper rispettare il contesto, prendersi cura di sé, relazionarsi, sentirsi parte di un gruppo.

Circa gli strumenti da mettere in campo, il gruppo ha identificato come elemento minimo, vincolanti per l’inserimento al lavoro, l’autoformazione con supporto multimediale e verifica dell’apprendimento, intergrata con il riconoscimento delle competenze derivanti dalla esperienza e da incontri/attività di laboratorio con professionisti. Nel caso di utenti non autosufficienti medi e gravi la formazione di base dovrebbe essere supportata da visite e simulazioni pratiche, tutoring mirato e formazione dei familiari.

Nel caso di situazioni complesse seguite dai servizi si propone ad integrazione: anche un numero verde e incontri di aggiornamento continuo. Il terzo gruppo ha lavorato sul tema della prevenzione degli abusi nelle relazioni di cura attraverso lo strumento della Carta Etica. Si è lavorato partendo dal modello di Carta Etica attualmente utilizzata nella Provincia di Ferrara per proporre modifiche ed integrazione.

Il documento è stato particolarmente apprezzato dal gruppo, che ha avanzato alcune proposte di modifica concentratesi, fra l’altro:
1) Sulla proposta dell’obbligo della formazione di base e linguistica per l’accesso all’incontro domanda offerta governata dal pubblico e sul suggerimento di promuovere la formazione del caregiver familiare;
2) Si propongono strumenti protettivi minimi per l’igiene e la sicurezza;
3) Sono sostenute condizioni di miglioramento nella qualità di accoglienza nella convivenza, nel rispetto della privacy, nell’organizzazione del lavoro;
4) Si sottolinea l’esigenza di elementi di sostegno e sollievo per la garanzia del riposo quotidiano, infrasettimanale e settimanale come fattore qualificante la prevenzione del burn out e l’inclusione sociale. L’ultimo focus si è concentrato sul tema dell’inclusione sociale delle assistenti familiari immigrate, per comprendere quali ostacoli vi siano e quali azioni possano essere promosse per sostenerla.
Gli ostacoli che il gruppo ha individuato sono in primo luogo nelle condizioni di lavoro e soprattutto nella convivenza, che spesso porta ad una delega totale da parte della famiglia. Ciò è aggravato dall’isolamento per chi opera in ambienti montani o rurali ed è reso più complesso dai limiti linguistici e dai pregiudizi propri di ogni attore in campo.
Per quanto inerente le azioni per intervenire su queste situazioni di rischio di esclusione, si propone di concentrarle in primo luogo nell’attività degli sportelli di incontro domanda offerta. Questi dovrebbero porre l’inclusione immigrati come attenzione continua nei propri interventi, sviluppando informazioni mirate per migliorare la qualità del rapporto di lavoro e impiegando risorse dei servizi nel sollievo rispetto al carico di lavoro.
Altri elementi per inclusione sono considerati l’individuazione di nuove vie e percorsi per il superamento dei deficit linguistici ed il miglioramento nella distribuzione e accesso informativo.

VERSO UN PATTO PROVINCIALE PER LA QUALIFICAZIONE DEL LAVOIRO DI CURA
Gli esiti dei lavori dei focus group sono stati oggetto di confronto tra i partner istituzionali del progetto
(Provincia ed AUSL di Reggio Emilia) ed i componenti dell’Ufficio di Supporto alla Conferenza
Territoriale Sociale e Sanitaria.In particolare gli esiti di tale confronto sono stati oggetto di approfondimento nell’ambito di un convegno tenutosi a Reggio Emilia il 27 giugno.
In apertura dei lavori l’Ass.re alla formazione professionale ed istruzione della Provincia di Reggio Emilia, Ilenia Malavasi, ha evidenziato come “lavoro regolare, qualificazione del lavoro di cura attraverso un’adeguata formazione e inclusione sociale siano le priorità individuate attraverso il progetto Insieme nella Cura.
Fausto Nicolini, direttore generale dell’Ausl di Reggio Emilia ha evidenziato che: “Si tratta di un fenomeno che si è sviluppato in modo autonomo e che ora è necessario riportare nell’ambito servizi socio-sanitari integrati. Il valore aggiunto di questo progetto sta nell’aver unito diversi saperi e competenze, ragionando insieme su un fenomeno che è nuovo per tutti”.
Il convegno, articolatosi in una sessione di restituzione del lavoro svolto e di approfondimento sui contesti/scenari connessi all’evoluzione della società dell’invecchiamento e dei flussi migratori nonchè ai relativi impatti sul sistema di welfare e sui servizi a sostegno della domiciliarità, ha poi sviluppato un confronto di merito con rappresentanti delle organizzazioni sindacali e tra amministratori operanti nei livelli locali, distrettuali, provinciale e regionale.
In particolare la presidente della Provincia Sonia Masini è intervenuta affermando che “la costituzione di un albo provinciale delle badanti è fondamentale perché queste persone vengano qualificate e le famiglie non siano lasciate sole di fronte a situazioni difficili”.

“La ricerca di persone che assistano i malati, spesso anziani, non può infatti essere lasciata al criterio della casualità – ha continuato la presidente della Provincia – E’ un problema che riguarda tante famiglie reggiane che, talvolta, si ritrovano in casa una persona sconosciuta la quale, seppur munita di tanta buona volontà, non possiede la professionalità necessaria per far fronte a situazioni così delicate oppure non conosce a dovere la nostra lingua. Ecco perché è importante puntare sulla qualità del servizio e sulla formazione professionale, tenendo conto delle attitudini di ciascuno, per tutelare lavoratrice e assistiti”. Nel dibattito, amministratori e rappresentanti delle organizzazioni sindacali, hanno convenuto sulla rilevanza dei temi trattati e delle proposte espresse e sull’importanza di collocare il confronto e le conseguenti decisionalità nell’ambito dei lavori della Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria Teresa Marzocchi, Assessore alla Promozione delle Politiche sociali della Regione Emilia Romagna, che ha espresso apprezzamento per il progetto ed ha sollecitato la Provincia a proseguire il percorso intrapreso.

Loredana Ligabue – Anziani e non solo