Lavoro di cura

Letture: 2403

16/06/2006 - Seminario nazionale di Roma: è opportuno inserire il lavoro delle assistenti familiari nella rete dei servizi sociali.

La maggior parte delle lavoratrici immigrate addette alla cura nelle famiglie italiane continua a lavorare in situazione di lavoro nero o irregolare.

All'evasione contributiva diffusissima, si aggiunge il fenomeno dell'elusione: "solo" 1300 lavoratrici e lavoratori in tutta Italia - stando agli ultimi dati Inps del 2002- lavorerebbero presso una famiglia per più di 45 ore settimanali, a fronte di oltre 2 milioni di anziani stimati bisognosi di assistenza. I sussidi economici alle famiglie - dove ci sono - appaiono insufficienti a coprire i bisogni concreti e non garantiscono la regolarizzazione delle lavoratrici.

Il meccanismo delle deduzioni fiscali, pur apprezzabile, viene vanificato dalla situazione di incapienza di molti anziani potenzialmente beneficiari. E' questo lo scenario attuale del lavoro di cura in Italia, come lo hanno presentato al ministro per le Politiche per la Famiglia Rosy Bindi le Acli Colf, l'associazione professionale delle Acli che organizza le collaboratrici e i collaboratori familiari, nel corso di un seminario nazionale che si è svolto a Roma il 13 giugno. Le Acli Colf chiedono al ministro una "corresponsabilità  pubblica" nel governo complesso di questo fenomeno, per non lasciare da sole le famiglie e le lavoratrici a gestire "un rapporto difficile e delicato che non può essere considerato e trattato alla stregua di un mero contratto di lavoro". "Il lavoro delle assistenti familiari - affermano le Acli Colf - riveste ormai un'importanza strategica nella vita quotidiana delle famiglie italiane e deve essere inserito nella rete dei servizi sociali.

Articolo tratto dal comunicato Auser

consorzio@informanziani.it